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Il figlio può chiedere di andare a vivere col padre – una recente sentenza

Segnaliamo questa recentissima sentenza (Tribunale di Campobasso, sentenza n. 93 del 20 agosto 2020  – Est. Dott.ssa Roberta D’Onofrio).
Il titolo è corretto ma forse fuorviante. Il figlio “può chiedere” ma non può deciderlo.

A una lettura dettagliata dell’articolo che riporta la sentenza (vedi fondo), si possono ravvisare degli elementi interessanti, anche se ancora calati in una mentalità pienamente paritaria nei confronti di entrambi i genitori, diversamente da come sembrerebbe a una prima lettura.
Nel caso specifico, il figlio avrebbe espresso al Giudice la volontà di stare presso il padre, e il Giudice dopo una attenta valutazione ha autorizzato.

Da questo sono da sottolineare tre indicazioni:

  • Il Giudice deve dare audizione al minore dopo i 12 anni (eventualmente anche prima) ma non necessariamente prescrive quello che il minore sceglie per sé e la sua vita con motivate e riscontrabili ragioni (anche in un ambito di situazione non emergenziale, come può essere quello di voler stare con il padre – collocazione in cui non c’è motivo per cui non possa non star bene -, dopo essere stato residente per anni presso la madre).
  • Il Giudice parte in questi casi sempre da una posizione di forza del richiedente, in questo caso il fatto che il minore fosse domiciliato da tempo con il padre pur non avendo la residenza.
  • La richiesta del minore viene sempre valutata non tanto in una ottica di miglioramento “futuro” della sua vita del suo ambiente più favorevole o “affettivamente” più favorevole a coprire passate lacune nel rapporto con il genitore non collocatario, ma in un’ottica di situazione hic et nunc: il figlio fa presente che già dispone di una rete amicale e scolastica.
  • Non si evince ancora il “pensiero” che la bigenitorialità si esplichi con una pariteticità dei tempi. Per esempio, un padre che è stato lontano dal figlio è molto difficile che possa avere in futuro un affidamento dello stesso, perché le sue “capacità genitoriali” saranno (in una situazione standard) sempre inferiori a quelle dell’altro genitore. Le “capacità genitoriali” non sono geneticamente acquisite ma si costruiscono con la frequentazione e l’esplicazione del rapporto con i figli, quindi mancando questo non posso essere accresciute o potenziate. A questo moltissimi Giudici di questo paese non riescono ancora intellettualmente ad arrivare.

Il figlio, come dice l’articolo, “sembrerebbe” avere un potere di scelta, in realtà non l’ha.
Si tratta di una applicazione “non piena” della legge 54 del 2006, perché la decisione del Giudice di disporre l’affidamento al padre di fatto non contempla tanto un diritto di bigenitorialità del minore, bensì attua quanto già è nei fatti, e solo su questi decide. Non compare alcun pensiero o considerazione su un “riallineamento” della vicinanza e della vita quotidiana e affettiva con il genitore non collocatario non goduto per anni dal minore, perché la sentenza sembra essere relativa solo al domicilio, alla scuola e agli amici, ma non a un rapporto di vicinanza con il padre.

https://www.studiocataldi.it/articoli/39559-il-figlio-puo-chiedere-di-andare-a-vivere-col-padre.asp